Una gaffe consiste fondamentalmente nel dire qualcosa che proprio non si dovrebbe dire. O nello scrivere qualcosa che non si dovrebbe scrivere. Insomma, è un problema di
comunicazione che può manifestarsi a molti livelli. Capita a tutti, intendiamoci, di cascare in questa trappola: ma è indubbio che piú in alto si sta piú
gli scivoloni possono essere rovinosi. Questa è la storia di un’eurogaffe che vogliamo ricordare affinché, come dice Erodoto di Alicarnasso,
le opere degli uomini non
scoloriscano col tempo¹; è la storia di un’indimenticabile intervista rilasciata all’agenzia Reuters dal Commissario Europeo per la Giustizia e la Sicurezza Franco Frattini.
La Reuters riportò, in data 10 settembre 2007, la seguente dichiarazione² del commissario Frattini (la traduzione è nostra): “Intendo portare avanti una decisa
azione esplorativa con il settore privato sulla possibilità di far uso degli strumenti tecnologici per impedire che la gente utilizzi o cerchi (
scilicet su motori di ricerca)
parole pericolose come «bomba», «uccidere», «genocidio» o «terrorismo»”³.
La comunicazione diffusa dalla Reuters puntualizzava anche che la proposta sarebbe stata avanzata all’interno di un pacchetto di misure antiterrorismo ai varî stati membri
dell’Unione Europea. Il pensiero del commissario è comunque meglio circostanziato da una serie di puntualizzazioni, fra cui: “Francamente, istruire la gente a costruire bombe
non ha niente a che vedere con la libertà di espressione, o la libertà di informare la gente”.
Le dichiarazioni di Frattini provocarono la puntuale reazione di Google. A
questo indirizzo si possono leggere le dichiarazioni rilasciate appena un paio di giorni dopo da Peter Fleischer, consulente di Google per la privacy. Tra le altre:
“Ci sono tante ragioni per le quali una persona potrebbe cercare su Internet una parola come «genocidio», ad esempio a scopo educativo”; oltre all’ovvia
considerazione che, se una pagina informativa esiste su Internet, Google deve essere in grado di indicizzarla.
Benché la vicenda attesti in ultimo la sincera preoccupazione del commissario Frattini per la sicurezza delle potenziali vittime, risulta evidente che l’intera proposta aveva il
sapore di un tentativo di imbavagliare la rete. Notare che, quasi un lapsus freudiano, Frattini parlava addirittura di “impedire che la gente
utilizzi” certi termini.
Certo, durante un’intervista telefonica può capitare di esprimersi in maniera affrettata (ma torniamo all’assunto iniziale: piú in alto si sta, piú le gaffe sono
pericolose), ma piú che di poca chiarezza nella formulazione del pensiero qui si deve proprio parlare di poca chiarezza di idee. Figuriamoci se il navigatore non fosse libero di
documentarsi sui genocidî del XX secolo o sui varî fenomeni terroristici. Si può davvero credere che cassare con un colpo di spugna alcune parole sui motori di ricerca
rappresenterebbe un reale contributo alla lotta contro la violenza?
29 aprile 2015
Chi tra i navigatori avesse qualche commento da fare sulla vicenda, è pregato di segnalarlo al WebMaster tramite l’apposito form nella pagina dei contatti.
Questo testo è proprietà intellettuale dell’autore, Ferruccio Sardu. La sua riproposizione, anche parziale, implica la citazione della fonte.
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