Di virus, in campo informatico, si sente spesso parlare, e perlopiú a sproposito. In bocca all’utente medio il termine
virus è sostanzialmente sinonimo di “programma malevolo”: nel migliore dei casi, perché per molti utenti un virus non è forse neanche un programma, è piuttosto una semplice e non meglio definita entità malvagia, pronta a colpire il computer dell’utente indifeso e a causare danni di varia gravità.
Eppure, un virus è ben altro. È certo un programma informatico, con uno scopo ben definito; e soprattutto, non è per definizione un programma dannoso. Anzi, un virus veramente efficiente non dovrebbe assolutamente procurare danni di alcun genere: semmai, non dovrebbe proprio farsi notare.
In effetti, come dicevamo, un virus è né piú né meno un’applicazione software; e il suo scopo è semplicemente quello di sopravvivere e riprodursi autonomamente, ovvero senza l’intervento cosciente di un operatore. In altri termini, può essere meglio definito un
software autoreplicante. Ed è proprio per questa sua caratteristica, che lo avvicina ai virus biologici, che ha ricevuto il suo nome inquietante. Va da sé in ogni caso, che un programma che voglia sopravvivere e riprodursi all’insaputa di un operatore, avrà come priorità quella di non rendere nota la sua presenza.
Tuttavia molto spesso ai virus sono state collegate delle particolari routine, consistenti in sostanza nella capacità di attivarsi e provocare eventi di vario tipo nei computer colpiti: effetti fastidiosi, talora anche molto creativi, ed eventualmente effetti dannosi. Va da sé che quando un virus si manifesta ha le ore contate: un utente di media competenza, che esegua con accettabile regolarità una copia di sicurezza dei propri dati, in presenza della manifestazione di un virus potrebbe semplicemente formattare il proprio disco rigido e liberarsi cosí dello scomodo ospite. Per questo motivo alcuni virus sono silenti, ossia fanno di tutto per non manifestare la propria presenza.
Un virus è sempre un ospite scomodo, questo è certo: anche quando non si porti dietro routine fastidiose o dannose, impegnerà pur sempre una parte delle risorse del computer colpito, senza dar niente in cambio. Tuttavia, sarà bene ricordare che
- non tutti i virus sono dannosi
- non tutti i programmi dannosi sono virus
Ora, una curiosità: qual è stato il primo virus della storia?
Il primo programma autoreplicante di cui si abbia notizia è
Creeper, creato nel 1971 da Bob Thomas. Si trattava di un programma in grado di inviare copie di sé attraverso i nodi della rete Arpanet¹. L’ambiente in cui questo programma funzionava era il sistema operativo Tenex, eseguito su computer DEC PDP-10 della Digital Equipment Corporation. Creeper si limitava a propagarsi sui computer connessi in rete, manifestandosi poi con una schermata in cui sfidava i programmatori ad “acchiapparlo”. Un programma sperimentale e sostanzialmente innocuo, dunque. Data la sua caratteristica di inviare copie di sé stesso senza infettare altri file, Creeper va ascritto a una specifica categoria virale, quella dei
worm.
Dopo la sua comparsa, questo particolarissimo programma rimase a lungo unico nel suo genere: sarebbero occorsi molti anni perché nuovi virus si manifestassero all’orizzonte informatico.