Una leggenda ben nota nella mia città. Molti miei amici, da me interpellati, sostengono che quanto sto per narrare è assolutamente vero: ma sappiamo bene che ciò che caratterizza una leggenda metropolitana è la tipologia di trasmissione, il fatto che molte persone giurino che si tratti di qualcosa di vero, e in ultimo tutto ciò non esclude che vi sia pure un fondo di verità.
Dunque, io non escludo che quanto sto per dirvi sia vero. Giudicate voi se ha i toni della leggenda.
Si dice che sia tuttora in uso un’arcaica tecnica di pesca delle anguille. In breve; il pescatore, non disponendo, io credo, di altri mezzi, getta in un fiume la carcassa di un cane morto. Le anguille, animali evidentemente poco raccomandabili, si introducono all’interno della carogna, attratte dall’eventualità di consumare un lauto spuntino con le interiora della bestia. Naturalmente, passano per tutti gli orifizi che trovano disponibili, e poco importa se a noi la cosa può parere sconveniente.
A questo punto, il pescatore trae in secco la carogna, la squarta, e fa suo il ricco bottino.
La tecnica è esageratamente disgustosa. Io continuo a rimanere perplesso all’idea che tali pescatori dispongano agevolmente di cani morti piú che di reti. Io, per esempio, pur considerandomi uomo di un certo ingegno, avrei qualche difficoltà a reperire cani morti, e soprattutto a portarmeli dietro al fiume. Credo che utilizzerei un qualche tipo di rete.
A meno che non ci sia qualcosa che io non so: ad esempio una tecnica arcana di caccia dei cani che potrebbe rendere conveniente l’intera operazione.
29 maggio 2007
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