Per quanto riguarda le leggende metropolitane, una cosa è certa: in tutte quelle che hanno a che vedere con il sesso (e sono molte) è presente una componente di morboso compiacimento spesso intrecciata a una sorta di strano moralismo che sembra sottolineare che il sesso è una cosa sporca, riprovevole e che comunque non porta niente di buono.
Questa è una leggenda metropolitana diffusissima e banale.
Si racconta che in un certo quartiere di una certa città (in pratica, piú o meno tutte le città) vi sia una ragazza che si dedica al passatempo di farlo con tutti.
I caratteri «leggendari» si scorgono naturalmente nella modalità di azione riferita, e ovviamente nel fatto che tutti raccontano il fatto ma mai sono in grado, al dunque, di circostanziarlo in maniera men che fumosa.
La prima volta che ho sentito la leggenda si trattava di una ragazza che ogni pomeriggio, in un garage, ospitava un ampio gruppo di coetanei (sconosciuti compresi) e quindi, in presenza di tutto il gruppo, intratteneva rapporti particolari con tutti i presenti; uno per volta (almeno questo).
Ho poi risentito la leggenda in altre città e con poche variazioni.
A partire dalla metà degli anni ’80 poi, la presenza inquietante dell’AIDS ha dato nuova linfa alla leggenda, sovrapponendole nuovi particolari e motivazioni.
Cosa rende palese che si tratta di una leggenda metropolitana? L’assoluta esagerazione delle circostanze, sia in senso quantitativo che qualitativo; la presenza di un cocktail di ingredienti morbosi; e ovviamente il fatto che, a fronte della «facilità» della ragazza, in ultimo nessuno ha mai saputo dire chi fosse o dove si trovasse il famoso garage. Va da sé che, ci fosse stato qualcosa di vero in tutta la faccenda, il garage suddetto sarebbe stato quantomeno meta di pellegrinaggio.
2 maggio 2007
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