La mia amica Gabriella giura che quanto sto per raccontarvi è vero. L’episodio le è stato riferito da una sua cara amica, che forse conosce qualcuno che ha assistito a questi
fatti.
Alla cassa rapida di un supermercato di una cittadina della Svizzera italiana, una signora si presenta con un carrello ingombro di una gran quantità di beni. Immediate le proteste delle
persone che, man mano, si aggiungono alla fila.
“È una vergogna!”
“Questa cassa è riservata ai clienti che hanno meno di dieci pezzi!”
La signora, imperturbabile, non si dà per intesa, anzi rimbrotta gli altri clienti intimando loro di farsi i fatti propri.
Giunge il suo turno, e la cassiera fa notare alla cliente che il suo carrello contiene ben piú dei dieci pezzi prescritti. Sorprendentemente la signora pretende di aver ragione: “Ho
dieci pezzi” afferma. E spiega: “Birra”, e indica qualcosa come ventiquattro bottiglie; e di seguito: “Pasta”, sarebbe a dire una quarantina di pacchi;
“Pelati”, una trentina di barattoli, e cosí via. Insomma, alla fin fine la signora ha solo dieci
tipi di merce, e pretende che debbano essere considerati alla stregua
di dieci
pezzi.
La cassiera non si scompone; batte tutta la spesa. Al termine, e dopo aver pagato il conto, la cliente prepotente chiede una decina di sacchetti per la spesa.
“Non posso darle i sacchetti” precisa la commessa. “Con i sacchetti farebbero undici pezzi”. La cliente protesta e sbraita, ma la cassiera è irremovibile. Viene
anche convocato il direttore, che pur con imbarazzo dà ragione alla cassiera.
E gli altri clienti? Perlopiú si sono serviti di un’altra cassa. Ora però son tutti lí a godersi la scena.
Alla fin fine chi ha veramente perso tempo è solo la cliente prepotente, che se ne va scornata e senza sacchetti. Anche dileggiata dagli altri clienti, magari? Perché no,
mi piace pensare.
2 novembre 2014
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