Un giorno il re Salomone che, secondo le indicazioni divine, intendeva far costruire il Tempio di Gerusalemme senza l’impiego di alcuno strumento metallico¹, decise di servirsi dell’opera del demone
Asmodeo. Per prima cosa dunque mise il demone in catene, quindi si fece rivelare la localizzazione dello Shamir, una creatura simile a un verme capace di scavare le pietre. Il tempio fu cosí costruito, ma Salomone fece l’errore di farsi beffe di Asmodeo, che aveva ridotto all’impotenza; non appena il demone fu liberato,
si vendicò assumendo l’aspetto del re e cominciò a regnare in sua vece: mentre Salomone si ritrovò a vagare come mendico, senza che nessuno lo riconoscesse.
Asmodeo fu infine smascherato, in conseguenza dei suoi comportamenti lussuriosi: ad esempio, mostrò concupiscenza per donne mestruate e con loro cercò di avere rapporti, in violazione dei comandamenti della Torah. Cosa ancor piú grave, concupí e cercò di possedere perfino Bathsheba, la madre di Salomone.
L’intera vicenda ha una componente edificante, dal momento che il comportamento arrogante del re Salomone viene stigmatizzato e punito: Asmodeo risulta quindi, almeno in parte, strumento
di una giustizia superiore attraverso il quale la giusta punizione colpisce il re per la sua empietà.