Oreste era il piú giovane figlio di Agamennone e
Clitemnestra, nato dopo
Ifigenia, Crisotemi ed Elettra. Quando il padre fu ucciso da Clitemnestra ed Egisto e quest’ultimo ne usurpò il trono, Oreste, che aveva solo dieci anni, fu posto in salvo e sfuggí alla sicura morte a cui sarebbe andato incontro per mano dell’usurpatore;
giacché non è pensabile che Egisto lo avrebbe lasciato in vita per poter, un giorno, vendicare il padre e avanzar diritti sul trono di Micene. Su come sia riuscito a sfuggire esistono diverse opinioni, ma è noto che in adolescenza egli si trovava in Focide. Negli anni che seguirono la morte di Agamennone, egli si tenne sempre in contatto
con sua sorella Elettra, che bramava vendetta contro sua madre e contro Egisto. Oreste era consapevole di essere in costante pericolo di vita, poiché Egisto non avrebbe lasciato nulla di intentato per sbarazzarsi di lui; ed Egisto, uomo di scarso coraggio e scarsa personalità e del tutto succube a Clitemnestra, temeva a sua volta il giorno in cui Oreste sarebbe giunto a reclamare
la sua vita. Alle soglie dell’età adulta, Oreste interpellò infine l’oracolo delfico di Apollo per sapere come comportarsi; l’oracolo rispose con insolita chiarezza, prospettando ad Oreste terribili piaghe e l’emarginazione dalla società se avesse trascurato di vendicare il padre.
L’oracolo prospettò anche ad Oreste l’eventualità che un matricidio suscitasse l’ira delle erinni, ma gli consigliò come proteggersi, e gli garantí la protezione di Apollo.
All’ottavo anno del regno di Egisto, Oreste tornò infine a Micene in compagnia del suo fedele amico Pilade. Rese omaggio alla tomba di suo padre, e lí lasciò una ciocca dei propri capelli, come l’oracolo gli aveva suggerito di fare. In quel momento giunsero alla tomba delle supplici, che offrirono libagioni all’ombra di Agamennone. Erano state inviate da
Clitemnestra che, scossa da un sogno orribile in cui un serpente beveva il suo latte e le mordeva il seno, e leggendo in esso l’avvicinarsi della vendetta di Oreste, sperava di placare lo spirito del defunto.
Tra le supplici si trovava anche Elettra, che non era stata inviata da Clitemnestra ma andava spontaneamente a onorare il padre; ella riconobbe la ciocca di capelli come appartenente a Oreste. È stato detto che li riconobbe come simili ai propri, sia per la sfumatura di biondo sia per la loro finezza; ma forse desunse che solo Oreste avrebbe osato deporre un’offerta sulla tomba di Agamennone.
Oreste la riconobbe, e si fece riconoscere. I due stabilirono poi un piano d’azione per prendere alla sprovvista Clitemnestra ed Egisto: Oreste si presentò a palazzo e finse di essere un focese che chiedeva ospitalità; ricevuto da Clitemnestra, affermò di recare notizia della morte di Oreste e di voler sapere se doveva recapitare a Micene l’urna contenente le sue ceneri.
La regina mandò a chiamare Egisto e, quando questi giunse a palazzo, Oreste non ebbe difficoltà a trafiggerlo con la sua spada.
Clitemnestra comprese che la sua ora era giunta, ma tentò di intenerire il figlio scoprendo il seno e supplicandolo di non prendere la vita di colei che gli aveva dato la sua; ma, come il serpente del sogno, egli uccise la donna dal cui seno era stato nutrito.
La vendetta era compiuta; ma quella stessa notte le orride erinni, vendicatrici dei delitti compiuti contro il proprio sangue, si presentarono a lui per punirlo per il suo crimine.
Vedi anche
Il processo di Oreste.
20 ottobre 2011
Questo testo è proprietà intellettuale dell’autore, Ferruccio Sardu. La sua riproposizione, anche parziale, implica la citazione della fonte.
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