Una delle entità piú amate dagli italiani è il
fine settimana. È il tempo del meritato riposo, quando ci si può infine rilassare dopo una settimana di lavoro e preoccupazioni. Io ritengo che al fine settimana si potrebbero dedicare tempietti e statue nelle maggiori città; giungerei perfino a ipotizzare un giorno di festa, nel corso dell’anno, per celebrare questo nobile momento.
Il
fine settimana pone altresí un problema linguistico alquanto imbarazzante: dal momento che il significato della locuzione è, con ogni verisimiglianza, «
la fine del
la settimana»; e che, con conturbante evidenza, tanto «la fine» quanto «la settimana» sono sostantivi femminili, perché mai la locuzione che riunisce questi due nobili concetti è espressa da un sostantivo composto di genere maschile?
Scherzosamente si potrebbe suggerire che il senso ultimo dell’espressione sia «
il fine della settimana»: ossia, il suo scopo: il motore che ci spinge ad arrabattarci per godere, infine, del meritato riposo. Astrusa, ma di certo simpatica.
Io credo che la spiegazione piú vera sia la piú banale: che l’espressione
fine settimana abbia assunto il genere grammaticale attribuito arbitrariamente alla locuzione inglese
week end, che l’italiano ha accolto insieme a innumeri altri prestiti perfettamente inutili. Arbitraria attribuzione di genere, dicevo, giacché, con buon senso di opportunità, la lingua inglese si è sbarazzata del genere grammaticale e non pone la necessità di lambiccarsi il cervello con questioni come questa.
10 novembre 2011
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Questo testo è proprietà intellettuale dell’autore, Ferruccio Sardu. La sua riproposizione, anche parziale, implica la citazione della fonte.
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