Curiosità linguistiche
Traslazioni e correlazioni



Parliamo ora degli interessanti sviluppi della radice indogermanica TLA-, che ebbe nelle lingue classiche una discreta fortuna, e pare recentemente rivitalizzata da una fortunata serie di circostanze.
Si tratta di una radice lessicale che esprime il concetto di sofferenza e sopportazione, e che troviamo ben attestata in greco in un sistema verbale a cui appartengono l’aoristo ἔτλην, il perfetto τήτληκα, il futuro τλήσομαι; e in latino, nel perfetto tŭli (riduzione di tetŭli) e nel participio perfetto lātus (da *tlātus): mancando loro un corrispondente presente, queste forme si appoggiano al verbo fĕro, con il quale in effetti condividono il significato di «portare».
È proprio sul participio perfetto latino lātus che vorremmo concentrarci notando che, avendo il verbo fĕro numerosissimi composti (fra i quali potremmo ricordare a mo’ d’esempio refĕro, transfĕro, infĕro e molti altri), altrettanto numerosi sono i composti di questo participio: cosí relātus, translātus, illātus .
I composti del verbo fĕro hanno avuto grande fortuna nella lingua italiana, dove sono approdati in massa: ricordiamo tra gli altri riferire, trasferire, inferire: e ancora offrire, soffrire, conferire, deferire, differire, preferire, e via di questo passo. Perlopiú i derivati di fĕro hanno subito un passaggio di coniugazione forse per influsso del verbo ferire, con il quale non sono invece imparentati. I loro participi passati di norma sono stati ricostruiti a partire dalla radice del presente, e quindi eccoli riplasmati nelle forme: riferito, trasferito, inferito; offerto, sofferto; et cetera. L’opera di regolarizzazione non ha comunque impedito la sopravvivenza di molti dei participi perfetti originali.
Proprio a partire da alcuni di questi participi (con la complicità di sostantivi da essi derivati) sono stati recentemente creati dei paradigmi verbali completi: è il caso del verbo traslare, formazione a ritroso dal participio passato traslato (con la complicità del sostantivo traslazione), e del verbo correlare, formazione a ritroso dal participio passato correlato (con la complicità del sostantivo correlazione).
Queste formazioni fanno ovviamente storcere il naso ai puristi: io stesso preferisco non utilizzare questi verbi, e se è il caso li sostituisco con le locuzioni operare una traslazione e operare una correlazione. Devo confessare che proprio non riesco a farmi piacere questi due verbi.
Tuttavia, debbo riconoscere due cose: intanto che, se è legittimo operare l’analogia finire:finito=trasferire:trasferito, non si vede proprio perché dovrebbe mancare legittimità a un’analogia del tipo amato:amare=traslato:traslare. L’analogia, si sa, non è amata dai linguisti: il guaio è che si tratta di un fenomeno operante, e con il quale si deve pur fare i conti.
In secondo luogo, è d’uopo osservare che le nuove formazioni traslare e correlare rivitalizzano l’antica radice TLA-, che torniamo a intravedere nella scomposizione dei due verbi: come in tras-la-re in cui sono perspicui: il prefisso tras (latino trans-), la nostra radice, la terminazione -re dell’infinito.

Ringrazio Nicoletta Sanna per le preziose osservazioni sul problema, e per la divertente personificazione del participio passato correlato, rimasto ormai solo, che grida: “Sono un participio! sono un participio!” fino a ricostruirsi un milieu a sua immagine e somiglianza.

27 maggio 2012


Questo testo è proprietà intellettuale dell’autore, Ferruccio Sardu. La sua riproposizione, anche parziale, implica la citazione della fonte.

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