Trovo davvero un oltraggio alla grammatica e alle buone norme di comunicazione lo strano uso che si sente fare in giro di forme singolari per sostantivi che dovrebbero essere usati al plurale. In alcuni casi il singolare ha proprio poco senso: se parliamo di
occhiali, ad esempio, si sa che il plurale è giustificato dal fatto che i suddetti sono due e funzionano in coppia. Eppure mi capita un giorno di dover acquistare occhiali nuovi perchè devo affrontare una visita oculistica per il rinnovo della patente, e sento una commessa parlarmi di
un occhiale molto elegante. Vado poi a farmi tagliare i capelli; mentre parlo del piú e del meno con il barbiere sento (a pochi metri c’è la sezione femminile del salone) una parrucchiera spiegare a una cliente che
ha il capello un po’ secco. E io che della pluralità dei capelli non avevo mai dubitato... Ricordo pure distintamente di aver udito usare, da una commessa, il singolare
pantalone in luogo di
pantaloni, sempre in una formulazione del tipo
un pantalone sportivo.
Mi fermo a riflettere. Anche Lucio Dalla in una sua famosa canzone,
Disperato erotico stomp ci consegna questo distico:
A parte il vestito, i capelli, la pelliccia e lo stivale
aveva dei problemi anche seri, e non ragionava male.
Ma qui l’uso del singolare ha almeno una buona giustificazione poetica: la forma corretta avrebbe pregiudicato la realizzazione della rima, e allora possiamo chiudere un occhio (questo sí singolarmente). Certo però che, se le esigenze di rima giustificano l’abuso, allora si rischia di chiudere un occhio anche su quella terribile pubblicità di qualche anno fa, che molti ricorderanno: quella della biancheria intima
Pompea, che ci aggredisce subito
con questi versi:
Ve lo dice Vanessa:
«La mutanda mi stressa».
E davvero nel caso di questo uso si rimane a bocca aperta, visto che proprio non si riesce a capire quale possa essere una
mutanda e quale l’altra. Mah. Credo però che nel caso di quello spot pubblicitario la
singolare oltraggiosità fosse proprio voluta.
23 dicembre 2011
Questo testo è proprietà intellettuale dell’autore, Ferruccio Sardu. La sua riproposizione, anche parziale, implica la citazione della fonte.
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