Curiosità linguistiche
Articolo, non avverbio!



Parliamo di date. Noi usiamo comunemente indicare la data, anche nei documenti che hanno valore ufficiale, con una formula abbastanza sintetica: ad esempio, scriveremo 18 dicembre 2011, senza neanche troppo riflettere sul fatto che l’indicazione è di per sé ellittica, cioè presuppone qualcosa di non detto, qualcosa di scontato. Quel qualcosa, a ben pensarci, è abbastanza ovvio: l’aggettivo numerale, in questo caso 18, va ovviamente riferito a un sostantivo giorni sottinteso; e quell’indicazione dell’anno, sinteticamente 2011, è altrettanto ovvio che presupponga una bella preposizione articolata, visto che si direbbe un complemento di specificazione, e magari anche il sostantivo anno, tanto per essere chiari. Dunque, quel che veramente intendiamo è: 18 (giorni) (del mese) (di) dicembre (dell’anno) 2011.
Per carità, nessun bisogno di essere piú espliciti! Il formato che utilizziamo è chiaro ed esauriente. Basta che ci si ricordi che, come è buona norma, il nome del mese andrà scritto minuscolo.
Ottima norma indicare anche il luogo in cui il documento (o la lettera) è stato prodotto o consegnato: giacché data è propriamente un participio perfetto del verbo latino dăre, e in realtà significa «cose che sono state consegnate»; dove e quando, dunque? Ad esempio a Torino? Dunque (data) (in) Torino, 18 (giorni) (del mese) (di) dicembre (dell’anno) 2011. Sembra ancora che manchi qualcosa...
Quel qualcosa altro non è che quel piccolo li che talvolta troviamo scritto nei documenti, e che non è affatto una pedanteria o un uso astruso, ma solo un piccolo segno di precisione. Nient’altro che un articolo, che dà senso sintatticamente compiuto alla nostra indicazione. Guardate un po’:
Torino, li 18 dicembre 2011 ovvero: (data) (in) Torino, li 18 (giorni) (del mese) (di) dicembre (dell’anno) 2011.
Tutto chiaro. Preciso, e sintetico. Meno chiaro è perché qualcuno si ostini a storpiare quel povero articolo, mettendoci sopra un accento; come fosse un avverbio di luogo (e che mai ci farebbe un avverbio di luogo in tal posizione? e perché e non ? e soprattutto, perche non qui o magari qua? Capirei magari un costì! Ma un : cioè altrove? Mistero.
Errore scioccherello. Ma chi lo fa? Be’, per dirne una, nei moduli che si utilizzano per gli esami scolastici, forniti dall’editore Spaggiari, questo benedetto accentato campeggia, sfrontato quanto inopportuno, in innumeri pagine; lo si trova nelle circolari di qualche burocrate, anche in circolari ministeriali; e poi qualcuno ha pure la bella idea di scrivere li correttamente e metterci dopo una virgola: e qui il mistero si infittisce. Una virgola dopo l’articolo? Mah...
Immagino ci sia di peggio al mondo... ma quanto è bello, invece, essere precisi...

18 dicembre 2011


Questo testo è proprietà intellettuale dell’autore, Ferruccio Sardu. La sua riproposizione, anche parziale, implica la citazione della fonte.

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