Mitologia greca
Pandora



Dopo che Prometeo ebbe rubato il fuoco dal carro del Sole per restituirlo ai mortali, Zeus non si limitò a punire il titanide, ma volle anche infliggere un nuovo castigo alle sue creature. A quei tempi la stirpe umana non aveva necessità di lavorare, e tutti i beni erano condivisi, poiché la natura benevola dava agli uomini tutto ciò che era loro necessario. Il padre degli dèi tuttavia voleva rendere piú dure le condizioni di vita degli uomini. Va detto che a quei tempi non esisteva un genere femminile nella stirpe umana: dicono alcuni che è per questo motivo che la vita trascorreva ancora beata. Zeus si recò dunque da Efesto, il dio fabbro, e gli ordinò di plasmare con della creta una figura femminile. Efesto obbedí, e creò un simulacro di notevole bellezza, ispirandosi alle sembianze delle dee. Quando la statua fu plasmata, Zeus convocò i quattro venti: il violento Borea che soffia da settentrione, e i suoi fratelli Noto, che soffia da meridione, Euro che spira da levante, e Zefiro, il vento di ponente, e ordinò loro di infondere vita nel simulacro cui Efesto aveva dato forma. Fu cosí che, grazie al soffio vitale dei quattro venti, nacque la prima donna.
Zeus convocò allora tutte le dee olimpiche, e ordinò loro di adornare la creatura: e dalle dee ella ricevette ogni tipo di dono: il poeta Esiodo ci dice che è per questo che la donna ebbe nome Pandora.
Oltre alla grazia e alla bellezza, Pandora fu però dotata di un’insaziabile curiosità, di grande astuzia e della capacità di mentire e lusingare: poiché era nata per la sventura degli esseri umani. Ora Zeus inviò un messaggero ad Epimeteo, lo sciocco fratello di Prometeo, pregandolo di accettare due doni: Pandora, che gli offriva come sposa, e un orcio, che il padre degli dèi raccomandava di tenere chiuso. Epimeteo, il cui grande difetto era quello di non pensare subito alle conseguenze delle proprie azioni, ricordava però di essere stato ammonito da Prometeo di non accettare mai doni da Zeus, poiché ne sarebbe venuto solo del male: rifiutò dunque i doni facendo incollerire il padre degli dèi.
Quando però seppe che il suo amato fratello era stato incatenato al Caucaso, nella speranza di mitigare l’ira di Zeus, Epimeteo accettò infine i doni: sposò Pandora, ricordandole di non aprire l’orcio. La donna però, vinta dalla curiosità, non gli obbedí e si precipitò ad aprirlo. Ogni genere di mali scaturí dall’orcio: le malattie, le disgrazie e forse persino le tenebrose cheri. Terrorizzata, Pandora cercò di rimettere il tappo al suo posto, ma riuscí solo a trattenere sul fondo del vaso la speranza. Cosí, da quel giorno, la stirpe umana fu popolata anche da donne: e accanto a loro venne ogni genere di disgrazie: poiché, fra l’altro, Pandora fu solo la prima di una lunga serie di creature astute, menzognere e pigre.

2 novembre 2011


Questo testo è proprietà intellettuale dell’autore, Ferruccio Sardu. La sua riproposizione, anche parziale, implica la citazione della fonte.


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