Di Orfeo si dice che nessuno mai tra i mortali lo eguagliò come poeta e musicista. Suo padre era il re Eagro, sua madre la musa Calliope dalla bella voce.
Tanto era dolce la sua musica che le belve si raddolcivano e si fermavano per ascoltarla, e la stessa vegetazione si incantava sentendolo sonare: egli era stato
istruito dalle muse stesse, e Apollo gli aveva fatto dono della sua lira. Partecipò anche alla spedizione degli argonauti, partiti per la remota regione della
Colchide alla conquista del vello d’oro.
La sposa di Orfeo si chiamava Euridice: un giorno ella, tentando di sfuggire ad Aristeo che era innamorato di lei e forse tentò di usarle violenza, fu
morsa da un serpente presso la riva di un fiume. Il veleno la condusse presto alla morte, ma Orfeo non volle rassegnarsi alla perdita della sua amata. Discese dunque
nel Tartaro, nella speranza di ricondurre Euridice con sé sulla terra. Caronte, il cui compito è traghettare le ombre dei morti oltre il fiume
Acheronte, si commosse alla sua musica e lo lasciò passare; e anche il mostruoso cane Cerbero fu ammansito dalle dolci melodie di Orfeo. Infine il musico si
trovò di fronte allo stesso Ade. Quando il re dei morti ebbe udita la musica di Orfeo, fece ciò che nessuno avrebbe mai ritenuto possibile: acconsentí
a lasciare che Euridice lasciasse il regno dei morti e tornasse tra i vivi.
Ade ordinò tuttavia a Orfeo di procedere fino all’uscita del Tartaro senza mai voltarsi indietro, e di proseguire fino al momento in cui Euridice fosse stata
illuminata dalla luce del sole: in quel momento ella sarebbe stata di nuovo viva. Orfeo procedette dunque, sonando la sua lira, e l’ombra della sua sposa, incantata
dalla musica, lo seguí; quando infine Orfeo giunse alla luce del sole, dimentico dell’ordine di Ade, si volse per rivedere la sua amata: Euridice però
non aveva ancora raggiunto la luce, e appena Orfeo pose gli occhi su di lei il Tartaro la reclamò. Fu cosí che Orfeo perse per sempre la sua sposa.
12 novembre 2011
Questo testo è proprietà intellettuale dell’autore, Ferruccio Sardu. La sua riproposizione, anche parziale, implica la citazione della fonte.
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