Mitologia greca
Britomarti (Dittinna)
Capitò che Minosse, re di Creta, si innamorasse di una ninfa dei monti il cui nome è Britomarti¹. Si dice che il vero nome della fanciulla fosse però
Ditinna, poiché Britomarti sarebbe semplicemente un epiteto con cui la chiamavano i cretesi, e il cui significato è dolce fanciulla.
Ella era figlia dello stesso Zeus e di Carme, una divinità cretese, a sua volta nipote di Demetra. La ninfa era vergine, e faceva parte del seguito di Artemide, che
spesso assisteva durante la caccia. Alcuni dicono che le reti, che sovente i cacciatori utilizzano per catturare le loro prede, siano una sua invenzione. È per questo che
la rete in greco è chiamata δίκτυον, proprio dal nome della ninfa, che in greco è Δίκτυννα.
Ora Minosse, preso dal desiderio di possedere Ditinna, tentò di catturarla, e benché lei gli sfuggisse, non desistette dalla sua passione ossessiva. Ditinna si nascose
in un sacro bosco di querce, e Minosse continuò a inseguirla per nove mesi; infine la ninfa si gettò in mare per cercare salvezza, e fu trovata da dei pescatori che la
trassero in salvo. Artemide comunque, preso a cuore il destino della fanciulla, la mutò in una dea.
Secondo alcune varianti del mito, la ragazza si sarebbe chiamata Britomarti fino al momento della sua trasformazione in dea, e solo allora avrebbe assunto il nome di Ditinna,
in quanto i pescatori l’avevano tratta in salvo dopo averla trovata impigliata nelle loro reti. Questa spiegazione sembra però costruita un po’ troppo ad arte a partire dal
nome della dea.
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Britomarti era in origine una divinità cretese, poi assunta all’interno del sistema mitologico olimpico. In origine dea dei monti e degli animali, quindi
della caccia, e in ciò sovrapponibile ad Artemide stessa, nella tradizione della Grecia continentale divenne una ninfa, e come tale è considerata in
questo mito.