Ate è la dea greca dell’inganno; esistono versioni discordi sulla sua origine, giacché nell’Iliade ella è indicata come «figlia di
Zeus», mentre Esiodo la designa figlia di
Eris, ossia della discordia. Nelle parole di Omero:
πρέσβα
Διὸς θυγάτηρ Ἄτη, ἣ πάντας
ἀᾶται, οὐλομένη: «antica figlia di Zeus, Ate rovinosa, che tutti accieca».
Il termine πρέσβα, comunque, non significa necessariamente «figlia maggiore», come alcuni hanno voluto interpretare ma,
riferito a una dea, significa piú probabilmente «antica, veneranda». Questo può anche portare a ritenere che l’epiteto abbia semplicemente il
valore di «antica dea», senza che indichi necessariamente una filiazione da Zeus. Naturalmente l’ipotesi piú semplice, quella che non scontenta
nessuno, è che la madre di Ate fosse proprio Eris, e Zeus il padre.
Si dice di Ate che il suoi piedi non tocchino il suolo, ma che ella cammini sul capo dei mortali, senza che questi se ne rendano conto. Date le sue prerogative,
ella è sempre stata guardata con sospetto dagli altri dèi; disgraziatamente un giorno ebbe l’idea di ingannare lo stesso Zeus. Ed ecco quel che avvenne:
la mortale Alcmena, figlia di Elettrione e dunque nipote di Perseo, stava per dare alla luce un figlio di Zeus. Quest’ultimo, per favorire il nascituro, che sarebbe
poi stato Eracle, decretò che il primo suo discendente che fosse nato avrebbe avuto la supremazia sugli argivi. La gelosa Era, però, invitò il
marito a ripetere il giuramento in questi termini: che il primo discendente
di Perseo che fosse nato avrebbe avuto la supremazia sugli argivi. Ate provvide
a obnubilare la mente di Zeus, sicché egli ripeté le parole suggerite da Era, ritenendo la seconda formulazione equivalente alla prima: Perseo era
dopotutto il nonno di Alcmena! Era però si precipitò a provocare le doglie di Nicippe, moglie del re Stenelo, anch’egli discendente di Perseo, che era
appena entrata nel settimo mese di gravidanza. Poi corse alla soglia della casa di Alcmena e lí annodò i lembi della propria veste e incrociò le
dita: giacché, come è noto, la presenza di nodi impedisce l’arrivo di Ilizia, dea dei parti. Solo quando fu certa che il figlio di Nicippe avesse visto
la luce, abbandonò la soglia della casa di Alcmena; ma quando il figlio di costei, ossia Eracle, nacque, era troppo tardi perché potesse beneficiare
del giuramento del padre: Nicippe aveva già partorito Euristeo.
Troppo tardi Zeus si accorse di essere stato ingannato: non potendo prendersela con Era, sfogò su Ate la propria rabbia: la afferrò per i suoi
biondi capelli e la precipitò giú dall’Olimpo, decretando solennemente che l’ingannevole dea mai piú avrebbe potuto metter piede nella dimora
degli dèi. Da allora, come sappiamo, Ate dimora tra i mortali.
25 dicembre 2011
Questo testo è proprietà intellettuale dell’autore, Ferruccio Sardu. La sua riproposizione, anche parziale, implica la citazione della fonte.
← Precedente Successivo →
Torna al menu della Mitologia Greca