Sono due parole di uso abbastanza frequente, per quanto designino realtà con cui tutti noi preferiremmo non avere niente a che fare. Parliamo di
sicari e
assassini.
Il primo termine,
sicario, riprende il latino
sicārium, che significa ”armato di
sīca“, cioè di un particolare tipo di pugnale a lama ricurva. È interessante notare che storicamente furono denominati
sicari gli appartenenti a una fazione politicamente piuttosto attiva del gruppo religioso integralista ebraico degli zeloti: si trattava di fanatici religiosi che, soprattutto nel corso del I secolo dopo Cristo, si opponevano all’occupazione romana della Palestina, mescolando motivazione di ordine politico a una difesa strenua dell’ortodossia religiosa: l’equivalente dei moderni terroristi di matrice religiosa, insomma. Poiché i sicari facevano un uso programmatico della violenza e dell’omicidio come arma di lotta politica, il loro nome finí per designare chi commette un omicidio premeditato, e da lí all’attuale significato di
assassino incaricato il passo è breve.
Anche il termine
assassino ci rimanda al Medio Oriente. Gli assassini erano in origine una setta musulmana operante nel tardo medioevo. Questi personaggi erano noti per commettere azioni efferate (e ovviamente omicidi) sotto l’effetto della droga chiamata
hashish, o meglio di una bevanda dagli effetti stupefacenti che veniva ricavata dalla bollitura della canapa indiana. Le tattiche utilizzate dagli appartenenti a questa setta erano quelle che oggi definiremmo di guerriglia. Il nome arabo potrebbe piú o meno essere trascritto
haššāš, e il suo plurale
haššāšīn; ed è proprio dal plurale arabo che deriva il sostantivo italiano.
11 dicembre 2011
Questo testo è proprietà intellettuale dell’autore, Ferruccio Sardu. La sua riproposizione, anche parziale, implica la citazione della fonte.
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